Le dighe minacciano una tribù di pescatori
24 gennaio 2007
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Gli Enawene Nawe, un gruppo di indiani isolati, hanno denunciato il progetto di costruzione di una serie di dighe che potrebbe compromettere irrimediabilmente la loro capacità di autosostentamento.
Queste dighe avranno un impatto devastante sul ciclo riproduttivo dei pesci che rappresentano una parte importante dell'alimentazione degli Enawene Nawe, una delle rare tribù che non mangiano carne rossa.
Il piano prevede la realizzazione di circa 11 dighe sul fiume Juruena che scorre attraverso il territorio degli Indiani. Al di là del suo valore alimentare, il pesce gioca un importante ruolo simbolico e rituale nella vita di questo popolo.
Le dighe saranno finanziate da un consorzio di società legate, nella maggior parte dei casi, all'industria della soia.
Gli Enawene Nawe si oppongono alle dighe e hanno chiesto aiuto per fermare il progetto:
Noi siamo gli Enawene Nawe del villaggio di Halataikiwa.
Siamo appena tornati da una riunione. Non siamo stati noi a volere questo incontro, sono stati i Brasiliani a invitarci! Insieme ai nostri rappresentanti, c'erano rappresentanti delle tribù Nambiquara, Pareci, Myky e Rikbaktsa.
Durante la riunione, abbiamo parlato con un Brasiliano a proposito della costruzione delle dighe e lui ha detto: "Venite a vedere la prima diga che abbiamo già costruito". E poi ha continuato: "Le dighe sono una buona cosa, non una cosa cattiva. I pesci non moriranno, l'acqua non verrà inquinata, la foresta non morirà".
Noi abbiamo risposto loro, molto chiaramente: "Non costruite le dighe, noi non le vogliamo".
Per quanto ci riguarda, noi, gli Enawene Nawe, siamo assolutamente contrari alle dighe. Non vogliamo né un'automobile né del denaro.
Noi ci preoccupiamo del pesce e dell'acqua.
I Rikbaktsa pensano la stessa cosa.
Così quando abbiamo fatto ritorno a casa, noi Enawene Nawe ci siamo consultati.
Poi abbiamo discusso con il procuratore generale di Cuiabá (la capitale dello stato del Mato Grosso). Questa persona ha detto che la situazione era molto difficile.
Allora abbiamo pensato che l'OPAN (una ONG brasiliana che lavora con i popoli indigeni) e il Ministero federale degli Affari Pubblici dovrebbero esaminare insieme lo studio d'impatto e che noi dovremo andare molto presto a Brasília perché tutti gli Enawene Nawe là possano esprimersi.
Cerchiamo un aiuto esterno perché noi siamo infelici, veramente infelici.