Terre indigene in mani indigene: le sfide della COP30
13 novembre 2025

La COP30 in corso in questi giorni a Belém, in Brasile, viene presentata come “la COP della foresta”. Con la campagna “A resposta somos nós” (‘la risposta siamo noi’), le organizzazioni indigene chiedono una mobilitazione globale guidata dai popoli indigeni per lottare contro la crisi climatica e per la protezione dei loro territori, compresi quelli dei popoli incontattati. La campagna sottolinea inoltre la necessità di garantire i diritti dei popoli indigeni che si prendono cura di alcuni dei luoghi più ricchi di biodiversità del pianeta.
Ma i piani per monetizzare le foreste e promuovere false soluzioni alla crisi climatica calpesteranno i diritti dei popoli indigeni – compresi quelli dei popoli incontattati – che vivono nelle e delle loro terre, e le proteggono.
Organizzazioni per la conservazione, governi e grandi aziende useranno la COP per promuovere progetti di compensazione basati sulla natura, permettendo così alle multinazionali di continuare a inquinare mentre affermano di aver raggiunto la “neutralità” carbonica.
Le conseguenze per i popoli indigeni sono immediate:
- Sfratti e violazioni dei diritti umani: la creazione o espansione di Aree Protette per generare crediti di carbonio comporta spesso lo sfratto forzato di popoli indigeni dalle loro terre, arresti arbitrari, violenze, torture e persino uccisione da parte di guardaparco armati e forze di sicurezza. Casi simili si registrano soprattutto in Asia e Africa.
- Profitti che non arrivano ai popoli indigeni: la gran parte dei profitti provenienti dai crediti di carbonio vanno a intermediari come gli sviluppatori del progetto, organismi di certificazione, società di consulenza e ONG per la conservazione.
- Mezzi di sussistenza compromessi: i progetti di compensazione del carbonio costringono i popoli pastorali ad abbandonare i loro tradizionali sistemi di pascolo, le leggi consuetudinarie e la governance sociale, come sta già accadendo in Kenya e Tanzania. Questo mina la loro resilienza, la sicurezza alimentare e la loro capacità di adattarsi ai cambiamenti climatici.
- Legalità e titolarità discutibili dei diritti sul carbonio: ci sono controversie legali su chi “possiede” il diritto di vendere carbonio, e molti progetti non hanno ottenuto il Consenso Libero, Previo e Informato (FPIC) delle comunità indigene impattate.
Non molto lontano da Belém, un territorio indigeno attende da oltre 20 anni che la sua demarcazione sia completa. È il Territorio Indigeno Kawahiva do Rio Pardo, casa di un popolo incontattato sopravvissuto a massacri e invasioni: la loro sopravvivenza e prosperità dipendono interamente dalla protezione della loro foresta.
Questa COP farà poco per proteggere questo territorio, o quello degli altri 195 popoli e gruppi incontattati nel mondo, nonostante il 96% delle loro vite e culture siano minacciate dalle attività delle industrie estrattive. La metà di loro potrebbe esser sterminato entro i prossimi 10 anni se governi e aziende non interverranno.
Per saperne di più sui popoli indigeni incontattati e le minacce che devono affrontare, leggi il nuovo rapporto di Survival International “Popoli indigeni incontattati: frontiere di resistenza”.
Il modo migliore per proteggere i diritti e le vite dei popoli indigeni, e le loro foreste, è smettere di utilizzare le loro terre per fare greenwashing, e riconoscere e rispettare i loro diritti territoriali.
"Durante la COP30, ancora una volta, si spingerà soprattutto per monetizzare le foreste pluviali e trasformarle in giganteschi progetti di compensazione delle emissioni di carbonio. Ma sono il consumo eccessivo e il capitalismo ad alimentare la crisi climatica – così come il taglio del legno, le attività minerarie e l’estrazione di altre risorse, che minacciano il 96% di tutti i popoli indigeni incontattati” ha dichiarato Sophie Grig, responsabile delle campagne di Survival in Asia e Pacifico. “I mercati non risolveranno la crisi climatica, come non proteggeranno i popoli incontattati. Il modo migliore per proteggere le foreste, e i diritti e le vite dei popoli indigeni che vi abitano – sia contattati sia incontattati – è riconoscere e rispettare i loro diritti sui territori che gestiscono e proteggono da millenni.”
Fiore Longo, responsabile della campagna di Survival per decolonizzare la conservazione, ha aggiunto: “Il Tropical Forests Forever Fund (TFFF) è fondamentalmente sbagliato, perché dipenderebbe dai profitti di quelle stesse aziende responsabili della distruzione delle foreste tropicali. Inoltre, solo un irrisorio 20% dei suoi fondi verrebbe destinato a coloro che si sono dimostrati più efficaci nella protezione di queste foreste, ovvero i popoli indigeni.”
“È necessario un radicale cambio di direzione e la soluzione è semplice: i governi devono rispettare i diritti territoriali dei popoli indigeni, inclusi quelli di popoli incontattati che abitano e proteggono alcuni dei luoghi a più alta biodiversità del pianeta e che non sopravviveranno se le loro terre non saranno protette.”
Note ai redattori:
- In occasione dell’avvio di COP30 Survival ha pubblicato un briefing per la stampa, è disponibile in inglese e in portoghese
- I ricercatori di Survival sono disponibili per interviste.




