I migliori custodi della foresta
Il sistema di credenze dei Jenu Kuruba ruota attorno al loro legame con la foresta, con i suoi animali e le divinità che vi abitano.
Sono esperti conoscitori del loro ambiente e hanno 25 nomi diversi per le varie parti della foresta. Nel loro territorio raccolgono medicine, miele, frutta, verdura, tuberi, e la paglia e il bamboo necessari a costruire le loro case.
I Jenu Kuruba sono famosi per le loro abilità nella raccolta del miele e il loro nome significa appunto “raccoglitori di miele”. La filosofia che guida i Jenu Kuruba dalla nascita fino alla morte è “Nanga Kadu Ajjayya… Nanga Kadina Jenu Ajjayya - Le nostre foreste sono sacre… Il miele della nostra foresta è sacro.”
Questi principi sono alla base della loro attenta gestione dell’ambiente e hanno assicurato la sopravvivenza della tigre. Ed è stato proprio l’ottimo stato di salute della popolazione di questo felino nella loro foresta a spingere il governo indiano a trasformare l’area in una Riserva della Tigre!
Nonostante i numerosi sfratti illegali, circa 6.000 Jenu Kuruba sono riusciti a resistere e a restare nel parco. Secondo i conservazionisti questi sfratti sono necessari a proteggere la tigre, ma si sbagliano. Non è un caso che la foresta di Nagarhole, che i Jenu Kuruba alimentano e custodiscono da generazioni, conti la seconda più alta concentrazione di tigri dell’intero paese.
Statistiche come queste fanno parte di un crescente numero di studi scientifici che confermano ciò che i popoli indigeni cercano di dirci da molto tempo: i migliori conservazionisti e custodi del mondo naturale sono loro.
Eppure il Dipartimento indiano alle Foreste, sostenuto dalla Wildlife Conservation Society (WCS – un’organizzazione statunitense da 300 milioni di dollari) e dall’organizzazione locale Living Inspiration for Tribals (LIFT), sta cercando di sfrattare i Jenu Kuruba dalla loro foresta con minacce, molestie e abusi.
Intervieni subito per i Jenu Kuruba
Le politiche di conservazione dell’India sono razziste e coloniali
In India, il dogma della “conservazione fortezza” continua a essere dominante (come in gran parte di Asia e Africa). Le origini di questo modello di conservazione risalgono alla creazione dei parchi nazionali di Yellowstone e Yosemite, che avvenne negli Stati Uniti del XIX secolo e causò lo sfratto violento dei popoli Nativi Americani che vi vivevano.
Il Dipartimento indiano alle foreste continua a usare leggi e approcci d’epoca coloniale per controllare le foreste con pugno di ferro.
La “conservazione fortezza” (così è chiamato questo modello) è cieca rispetto alla capacità degli Adivasi (i popoli indigeni dell’India) di gestire le loro foreste e li dipinge come un pericolo per la biodiversità e la fauna selvatica.
In India, le politiche di tutela della tigre si basano sulla creazione di aree prive di esseri umani: per questo, almeno 300.000 Adivasi sono a rischio di sfratto.
Centinaia di migliaia di persone sono già state cacciate dalle loro case o sono state private dei mezzi di sussistenza, vedendosi fare a brandelli anche la loro identità. Comunità un tempo orgogliose che vivevano in modo autosufficiente della loro terra, sono state ridotte in rifugiati che stentano a sopravvivere.
Secondo la legge indiana, le comunità non possono essere sfrattate senza il loro consenso e a meno di prove che dimostrino l’impossibilità della convivenza tra persone e fauna selvatica.
Ma il Dipartimento alle foreste e grandi organizzazioni di conservazione come la WCS ignorano queste leggi, e continuano a promuovere un modello di conservazione coloniale, “people-free”.
Il Dipartimento alle foreste è determinato a mandarli via a forza, ma i Jenu Kuruba stanno lottando contro ogni tentativo di cacciarli e centinaia di famiglie sfrattate illegalmente chiedono il diritto di tornare nelle loro case, nella foresta.
Intervieni subito per decolonizzare la conservazione
Sfrattare i Jenu Kuruba è illegale
Secondo la legge indiana e quella internazionale, i Jenu Kuruba devono dare il loro consenso a qualsiasi progetto di sviluppo che riguardi le loro terre. E loro non hanno acconsentito alla creazione della riserva della tigre.
Per sanare “l’ingiustizia storica” perpetrata ai danni degli Adivasi e riconoscere il loro diritto a vivere e proteggere la foresta, nel 2006 fu promulgano il Forest Rights Act. Tuttavia, a dispetto delle oltre 4.000 domande presentate alle autorità, i diritti forestali dei Jenu Kuruba all’interno della Riserva della Tigre non sono ancora stati riconosciuti.
Le guardie forestali non possono sfrattare legalmente i Jenu Kuruba senza dimostrare che stiano minacciando la fauna selvatica e che la convivenza con gli animali sia impossibile. Ma non sono mai state presentate prove in tal senso. Al contrario, a Nagarhole la popolazione della tigre è molto più alta che nelle due riserve vicine, da cui tutti gli abitanti sono stati sfrattati.
Gli sfratti sono illegali sotto molteplici aspetti e violano molte leggi indiane, tra cui la stessa Costituzione. Eppure, il Dipartimento alle Foreste, spesso con il sostegno della WCS, ha già sfrattato circa 20.000 Jenu Kuruba dalle loro foreste e sta cercando di costringere anche i restanti 6.000 ad andarsene.
Intervieni subito per fermare gli sfratti
La WCS definisce gli sfratti “volontari” ma sono forzati e illegali.
I Jenu Kuruba subiscono un’incessante campagna di vessazioni, restrizioni e minacce volte a costringerli ad andarsene:
- Vivono sotto la minaccia costante della violenza e di essere arrestati con false accuse. Nel 2021, alcune guardie forestali hanno sparato a Basava, un uomo Jenu Kuruba che viveva nei pressi di Nagarhole, come rappresaglia per aver difeso la sorella dalle loro molestie.
- Non possono coltivare i loro orti né raccogliere cibo, miele e legna da ardere; non possono visitare i loro siti sacri o i luoghi di sepoltura nella foresta. Se sorpresi a svolgere la loro vita quotidiana nella foresta, subiscono abusi e minacce.
- Non possono nemmeno riparare le loro case.
- Chi lotta per i propri diritti subisce abusi e spesso viene accusato ingiustamente e arrestato. “Ci hanno denunciato per farci tacere e incarcerarci, in modo che nessun altro dai villaggi parli. Lo fanno per diffondere la paura tra gli indigeni che vivono nella foresta“ ci ha spiegato un loro leader.
Di fronte a questi continui abusi, spesso i Jenu Kuruba non hanno altra scelta che lasciare le loro case nella foresta. Ma in questo non c’è nulla di “volontario”.
Le comunità jenu kuruba hanno inviato una lettera al Dipartimento per la pesca e la fauna selvatica degli Stati Uniti denunciando la loro ferma opposizione agli sfratti. “Vogliamo che sia chiaro che non lasceremo mai le nostre foreste” hanno scritto, “e vogliamo spiegare che finanziare i progetti della WCS – che sostengono i ‘reinsendiamenti volontari’ promossi dal governo – significa essere complici dei piani del governo e della WCS per sfrattarci dalle nostre foreste”.
Survival ha presentato prove di minacce e coercizioni, ha dimostrato che il Dipartimento forestale non ha seguito le procedure legali previste, e ha diffuso testimonianze in cui i Jenu Kuruba affermano chiaramente che non lasceranno la loro “madre terra” di Nagarhole.
La WCS ha ignorato le molteplici lettere inviate da Survival e la WCS-India addestra lo staff del Dipartimento alle Foreste a effettuare i “trasferimenti”, continuando a definirli “volontari”.
Intervieni per costringere la WCS e il Dipartimento alle Foreste a rispondere delle loro azioni
Gli sfratti fanno male agli indigeni e anche alla tigre
La WCS afferma che i trasferimenti sono un bene sia per gli indigeni sia per la fauna selvatica. Ma questo non ha senso, e i Jenu Kuruba non sono d’accordo.
Le famiglie sfrattate raccontano che le comunità sono state devastate e che dopo il trasferimento molti sono morti. Si lamentano delle loro “vite miserabili” e insistono di voler disperatamente tornare a casa, nella foresta.
Nel gennaio 2022, 28 famiglie jenu kuruba sfrattate illegalmente nel 2010, hanno organizzato un drammatico ritorno al loro villaggio natale, nella foresta. Dicono che al tempo del loro “trasferimento”, gli hanno mentito: non li avevano informati del loro diritto a vivere nella foresta e le promesse fatte non sono state mantenute. Le loro case fanno acqua e sono fatiscenti e, nonostante siano passati 12 anni, le terre che sono state date loro restano incoltivabili.
Hanno minacciato di suicidarsi in massa piuttosto che tornare al campo di trasferimento. "Preferisco morire dove risiedono le mie divinità, il nostro cimitero e i miei antenati" ha detto una donna. "È stato un inferno e non torneremo indietro." Ma le guardie forestali li hanno costretti a tornarvi facendoli salire su camion e jeep, e picchiando con grandi bastoni persino le donne incinte.
Se la vita delle famiglie sfrattate è così bella, allora perché vogliono tornare nella foresta? E perchè i restanti 6.000 continuano a viverci senza nessun desiderio di lasciarla?
Quando i Jenu Kuruba hanno scoperto che la WCS aveva dichiarato alla BBC che gli indigeni hanno “una vita molto difficile… e vivono nel costante timore di elefanti, leopardi e tigri” hanno riso all’idea di essere terrorizzati dagli stessi animali che venerano.
Gli sfratti non fanno bene nemmeno alle tigri: prove scientifiche dimostrano che il loro numero cresce nelle riserve in cui vivono ancora gli Adivasi. E mentre i custodi delle foreste vengono sfrattati, migliaia di turisti sono incoraggiati a entrare; gli scienziati hanno scoperto che le orde di turisti in jeep provocano alle tigri alti livelli di stress psicologico.
Intervieni subito per sostenere i migliori conservazionisti
Alleati con i Jenu Kuruba
“Vogliamo che la Riserva delle Tigri sia chiusa e che ci restituiscano la nostra foresta” hanno detto i leader Jenu Kuruba nel corso di una protesta. “Noi sappiamo prenderci cura delle tigri e della foresta meglio.”
Stiamo lottando a fianco del popolo Jenu Kuruba per garantire che i loro diritti territoriali siano riconosciuti e che chi è stato sfrattato possa ritornare.
Lavoriamo affinché le voci dei Jenu Kuruba siano ascoltate sia in India che nel mondo, e continuiamo a fare pressione sul governo affinché sia riconosciuto il loro diritto di vivere nella foresta, di gestirla e di proteggerla.
Mobilitiamo l’opinione pubblica e i social media contro il modello razzista di conservazione usato dalla WCS, invitando individui e finanziatori a non sostenere una conservazione che distrugge le vite dei popoli indigeni.
Dona per sostenere il lavoro di Survival.
Dipendiamo dalle tue donazioni per continuare a lottare a fianco dei popoli indigeni del mondo.
#DecolonizeConservation
Collaboriamo con i Jenu Kuruba nell’ambito di una più ampia campagna che stiamo combattendo contro le diffuse atrocità commesse nel nome della “conservazione”.
Vogliamo decolonizzare la conservazione, e sostenere un nuovo approccio che abbia al centro i popoli indigeni e tribali.
E la nostra campagna sta già avendo un impatto!
Quando i Jenu Kuruba hanno scritto al governo statunitense per protestare contro il finanziamento dei “trasferimenti” operati dalla WCS, Survival ha contribuito a convincere i funzionari governativi a prenderne atto. Abbiamo inviato la lettera oltre 20 volte, mentre i nostri sostenitori bombardavano il Dipartimento degli Interni USA con migliaia di e-mail.
Successivamente, il governo USA ha annunciato che non sosterrà più nessun trasferimento nel nome della conservazione.
Scopri di più sulla conservazione coloniale
Approfondisci:
Decolonizzare la conservazione
Tribù delle Riserve delle Tigri
Guarda la nostra mappa interattiva
India: conservazionisti tribali nelle riserve delle tigri
Survival Report: Illegal Evictions from Tiger Reserves
Fiore Longo, ‘Uomini e tigri’
Sierra – The national magazine of the Sierra Club, Michael Benanav, ‘Can Tribes and Tigers Coexist in India’s Nature Reserves?’
Down to Earth, Ashish Kothari, ‘In the name of tiger’
Video
- Canal Plus, ‘Le Monde Selon Nouvelles Frontieres Et Les Autres’ (Download an unofficial English translation of the transcript)
- BBC, ‘Killing for Conservation’
- Le guardie forestali perseguitano i “Re della foresta”
- La galleria della vergogna: la storia razzista della conservazione
- In Myanmar un parco creato e sostenuto da WCS ha reso la vita impossibile al popolo dei Rawang
Tribal Voice: video testimonianze dei Jenu Kuruba
Tribal Voice: "Siamo stati sfrattati con la forza dalla nostra terra"
Tribal Voice: "Viviamo vite miserabili"
Tribal Voice: "La nostra vita andava bene, molto bene!"
Tribal Voice: "Ci hanno costretti a firmare dei documenti per poi sfrattarci"
Tribal Voice: "Hanno denunciato sei di noi con false accuse"
Tribal Voice: video testimonianze da altre Riserve delle Tigri
Tribal Voice: "Ci hanno minacciato e costretto ad andarcene"
Tribal Voice: "La natura è la nostra vita"
Tribal Voice: "Siamo contrari agli sfratti forzati e illegali"
Tribal Voice: "Ci minacciano e dicono “questa terra non vi appartiene più"
Passa all'azione! Aiuta I Jenu Kuruba
Invia una e-mail al governo indiano e alla WCS
Non prendiamo fondi dai governi.
Dipendiamo dalle tue donazioni per continuare a lottare a fianco dei popoli indigeni del mondo.
Iscriviti alla newsletter
Secondo le stime ONU, i popoli indigeni oggi contano 476 milioni di persone in 90 nazioni diverse. Tra loro, circa 150 milioni vivono in società tribali. Scopri di più su questi popoli e sulle loro lotte: iscriviti alla nostra newsletter per ricevere aggiornamenti periodici.
I Jenu Kuruba: ultime notizie
Indagine in India: I “trasferimenti volontari” dalle Riserve delle Tigri sono stati sfratti forzati
Tribù di raccoglitori di miele protesta per il diritto a tornare nella Riserva delle Tigri di Nagarhole, in India.
India: i guardaparco perseguitano i “Re della Foresta” e li mettono a rischio Covid
Jenu Kuruba perseguitati e minacciati per aver osato rivendicare il diritto di vivere nella loro foresta a rischio Covid.
India: protesta a oltranza dei Jenu Kuruba per il diritto a restare nella riserva delle tigri
Jenu Kuruba hanno iniziato una protesta a oltranza fuori dal Parco Nazionale di Nagarhole, in India.
Non finanziate i nostri sfratti: l’appello dei Jenu Kuruba al governo USA
Due comunità indigene, rinomate per la loro capacità di raccogliere il miele, hanno scritto alle autorità statunitensi.