Caccia
L’importanza della caccia per le comunità tribali
Alcune tribù si identificano come cacciatori di particolari animali. I Khanty della Siberia, ad esempio, sono cacciatori di renne. Utilizzano la pelle di renna per fare abiti e case, la carne come cibo, e le ossa per i manici dei coltelli. Il legame con le renne è d’importanza fondamentale per i Khanty in quanto popolo. “La neve si scioglie prima, e più velocemente. I cambiamenti non fanno bene alle renne e, dopotutto, quello che fa bene alle renne fa bene anche a noi” ha detto Jackov Japtik, un pastore di renne Nenet. Liquid error: internal Molte società tribali hanno animali totem; mantengono una parentela con loro, e non vengono cacciati. Altre specie sono cacciate solamente per ragioni rituali, di salute o spirituali. Spesso, il legame con particolari animali induce le tribù a proteggere il loro habitat per garantirsi sempre un’abbondante presenza degli animali da cui dipendono. “Tutto quello che vedi in me, è la terra che l’ha plasmato” ha detto l’anziano Alce Testabianca, della tribù dei Pikangikum del Canada. “I pesci mi hanno plasmato. Gli animali e tutto ciò che ho mangiato dalla terra mi hanno plasmato, mi hanno dato forma. Credo che ogni aborigeno sia stato plasmato in questo modo.” Questa cruciale e intima relazione è minacciata dalle pressioni esterne: dall’arrivo dei forestieri, da progetti di “sviluppo” come dighe o prospezioni petrolifere, o dall’impatto crescente dei cambiamenti climatici. “Questo è l’unico luogo della regione dove la terra è rimasta pulita” ha detto un cacciatore Khanty. “Dobbiamo mantenere questo territorio pulito; se arrivasse una compagnia petrolifera non potremmo più cacciare e allevare le renne. Sarebbe la fine.”
“Ma oggi non usano le pistole?”
I miti sui popoli indigeni e la caccia abbondano. La Baronessa Tonge, ad esempio, una parlamentare britannica, sosteneva che i Boscimani del Kalahari cacciassero utilizzando pistole e veicoli 4×4 – affermazioni che sono state dimostrate false in tribunale. Molti paesi hanno posto dure limitazioni alla possibilità dei popoli indigeni di cacciare anche se non esiste alcuna prova del fatto che le tribù riducano la popolazione degli animali che cacciano. Gli Hadza della Tanzania stavano per perdere i loro diritti di caccia a causa di una compagnia di safari. Spesso, i governi giudicano più accettabile la caccia controllata a scopo di profitto che quella praticata dai popoli indigeni per soddisfare i bisogni primari. Quando i popoli indigeni vengono banditi dalle loro terre da compagnie che organizzano safari di caccia privati, o quando sono sfrattati da coloni e allevatori, le conseguenze sono drammatiche.
La caccia di animali “carismatici”
Il dibattito sulla caccia indigena diventa particolarmente acceso quando si tratta di specie considerate speciali, come gli orsi polari, le balene o le foche. Per molti popoli dell’Artico, cacciare questi animali è parte integrante della loro cultura. “Quand’ero bambino, mi era proibito parlare la nostra lingua e fare cose come danzare, perché i missionari dicevano che veneravamo il demonio” ha detto Charles Johnson, un Inuit dell’Alaska. “Dobbiamo mantenere vive le nostre tradizioni. Questo vuol dire recuperare la nostra lingua e la nostra cultura, e la caccia agli orsi polari ne fa parte.”
Le conseguenze della messa al bando
In molti paesi, la caccia di particolari specie o all’interno di zone specifiche è stata dichiarata illegale ai fini della conservazione. Spesso le comunità indigene non vengono neppure consultate anche se sono loro a subirne l’impatto maggiore. Nel gennaio 2010, il governo canadese ha dichiarato fuori legge la caccia dei caribù in un’area dove il popolo Dene allevava circa 6.000 caribù all’anno per nutrire le proprie famiglie. Liquid error: internal Le fonti alternative di proteine e di ferro sono più grasse e più costose. I Dene hanno sofferto per lo sfratto dalla loro terra ancestrale, e oggi il diabete è un grave problema per tutta la loro comunità. “Mio padre era in piedi vicino alla finestra. Ho visto che piangeva. ‘Ero un uomo fiero’ ha detto. ‘Cacciavo e catturavo gli animali per la mia famiglia. Ero così orgoglioso. Ma oggi la mia bambina porta a casa il cibo raccolto nella spazzatura per farmi mangiare’” ha raccontato Illa Bussidor, una Dene Sayisi.
Dal sito di Survival
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