Popoli e parchi
I primi conservazionisti
L’80% dei luoghi più ricchi di biodiversità del mondo si trova all’interno di terre abitate per millenni dai popoli tribali. E non è un caso. I popoli indigeni hanno protetto la diversità delle specie che li circondano attraverso stili di vita sostenibili con la terra che tanto amano.
La creazione di aree protette ha provocato lo sfratto forzato di centinaia di migliaia di indigeni, che ora alimentano le fila dei milioni di rifugiati della conservazione. Ma non dovrebbe essere così. Molte tribù si considerano gli amministratori di una terra che appartiene ai loro figli e nipoti. Un simile approccio porta in modo spontaneo alla conservazione. I territori indigeni hanno un’estensione pari a cinque volte il bacino amazzonico, e costituiscono la barriera più importante alla deforestazione. Studi scientifici basati su dati forniti dal satellite dimostrano che la presenza di aree indigene rappresenta un freno efficace e di vitale importanza contro la deforestazione e gli incendi.
Armi e guardie
Nel mondo esistono circa 120.000 aree protette. Coprono il 13% della superficie terrestre e hanno trasformato 130 milioni di indigeni in “rifugiati della conservazione”: popoli che hanno perso le loro case e i loro mezzi di sostentamento a beneficio dei parchi. Molti indigeni hanno saputo della trasformazione delle loro terre in aree protette solo quando i funzionari hanno notificato loro che da quel momento non avrebbero più potuto cacciare, raccogliere e coltivare, o che avrebbero dovuto andarsene subito. I guardaparco, e le loro armi, esercitano un grande potere sulla popolazione locale, e ne criminalizzano i comportamenti.
Il primo parco nazionale – un modello per il futuro?
La prima area dichiarata parco nazionale del mondo è il Parco Nazionale di Yellowstone, negli Stati Uniti. La sua creazione è costata la vita di molti degli Indiani Shoshone, Blackfoot e Crow che vivevano là, eppure, il suo modello, ovvero lo sfratto forzato effettuato nel nome della conservazione, è stato esportato in tutto il mondo, con impatti devastanti. Un esempio è l’Impenetrabile foresta di Bwindi, in Uganda, la cui costituzione ha distrutto la vita di molti Pigmei Batwa banditi dall’area che prima era la loro casa.
Ngorongoro
Il meraviglioso paesaggio di Ngorongoro in Tanzania è una delle aree di conservazione più famose del mondo. Pochi visitatori sanno, tuttavia, che negli anni ’70 i suoi abitanti ancestrali, i Masai, furono sfrattati insieme alle loro mandrie da una metà del territorio, quello corrispondente al Parco Nazionale del Serengeti, per essere compressi tutti insieme nell’area di conservazione di Ngorongoro. Una volta lì, fu proibito loro di pascolare i loro animali nel famoso Cratere Ngorongoro che, con i suoi cui ricchi pascoli e le sorgenti d’acqua, rappresentava una risorsa vitale per l’intero popolo.
Ai Masai non fu dato alcun avvertimento. Una mattina arrivarono i paramilitari che si limitarono semplicemente a sfrattare le famiglie dal cratere gettando tutti i loro averi sul ciglio della strada.
Oggi, il cratere di Ngorongoro è gravemente degradato. L’UNESCO ha minacciato di togliergli la qualifica di Patrimonio dell’Umanità. All’inizio del 2010, il governo ha risposto all’emergenza chiedendo l’allontanamento dei Masai che saltuariamente utilizzano ancora il cratere. Il loro destino rimane incerto.
Dal sito di Survival
Leggi il rapporto di Survival ‘Parks need peoples – I parchi hanno bisogno dei popoli’
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