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A rischio d’estinzione per malattie e perdita della terra
Nelle regioni più remote della foresta pluviale amazzonica brasiliana vivono tribù che non hanno alcun contatto con il mondo esterno.
Allevatori di bestiame e tagliatori illegali di legna stanno invadendo la loro terra portando con sè malattie letali. Se tutto questo non avrà fine, non sopravviveranno.
Per le tribù isolate del Brasile, il contatto si è più e più volte concluso con autentiche catastrofi.
A causa del loro isolamento, questi popoli non hanno sviluppato difese immunitarie verso malattie altrove comuni, e per questo sono sempre estremamente vulnerabili.
Spesso succede che il 50% di una tribù venga annientata da malattie come il morbillo e l’influenza nell’anno che segue il primo contatto.
La popolazione dei Matis è una di quelle che si sono dimezzate dopo il primo contatto. Le malattie importate dagli invasori hanno sterminato i suoi giovani, gli anziani e anche gli sciamani.
Lo sviluppo di attività economiche nelle terre in cui vivono i popoli incontattati genera frequentemente conflitti e scontri violenti, che mietono vittime sia tra gli stranieri, ma ancor più fra gli Indiani.
Gli ultimi quattro sopravvissuti degli Akuntsu hanno subito attacchi brutali da parte degli allevatori che hanno massacrato tutti gli altri membri della tribù e distrutto le loro case con i bulldozer.
Non sono sconosciuti
In tutto il mondo ci sono tribù che hanno scelto di rimanere isolate dalla società nazionale o anche dagli altri popoli indigeni.
Ma questo non significa che siano “sconosciute” o “immutate” nel tempo. Nella maggior parte dei casi si sa della loro esistenza e, nonostante il loro isolamento, le loro culture e i loro stile di vita evolvono continuamente adattandosi ai cambiamenti circostanti.
Molti gruppi hanno contatti occasionali, a volte ostili, con le tribù vicine. E sono ben consapevoli di essere circondati da altre società. Spesso, gli indigeni limitrofi e il FUNAI sanno approssimativamente dove abitano.
Sin dal 1987 il FUNAI gestisce un dipartimento dedicato agli Indiani incontattati e la sua politica è quella di stabilire il contatto solo nel caso che sia stata messa a grave rischio la loro immediata sopravvivenza.
Diversamente non viene intrapreso nessun tentativo. Al contrario, il FUNAI ha il compito di demarcare e proteggere la loro terra dalle invasioni attraverso degli avamposti di protezione.
I popoli incontattati devono avere il diritto di decidere se vivere isolati oppure no. Ma per esercitare questo diritto hanno bisogno del tempo e dello spazio necessari.
Condizione indispensabile alla loro sopravvivenza è quella che la loro terra, cui hanno diritto secondo la legge nazionale e internazionale, sia protetta. Dovrebbe poter vivere in pace, liberi dalla paura dello sterminio e di contatti devastanti.
Il contatto dovrebbe avvenire solo quando e dove i popoli isolati decideranno di essere pronti a stabilirlo.
Gli ultimi sopravvissuti
Di alcune tribù incontattate sopravvivono oggi solo gli ultimi membri. Ecco alcuni dei più minacciati.
L’ultimo sopravvissuto
Si pensa che quest’uomo solitario sia l’ultimo sopravvissuto del suo popolo, probabilmente massacrato dagli allevatori di bestiame che occupano la regione di Tanaru nello stato di Rondônia.
Vive da solo ed è costantemente in fuga.
Non si conosce il suo nome, che lingua parli e nemmeno la sua tribù d’appartenenza.
Talvolta si parla di lui come dell’ Uomo della buca” a causa delle grandi buche che scava nel terreno sia per catturare gli animali sia per nascondersi.
Rifiuta in modo assoluto qualunque tipo di contatto.
Per difenderlo, il FUNAI gli ha riservato un piccolo appezzamento di foresta circostante, nel mezzo di una distesa di allevamenti di bestiame.
Alla fine del 2009, un gruppo di uomini armati si erano crudelmente messi sulle sue tracce per braccarlo. In passato, nello stato di Rondônia, molti allevatori ingaggiavano dei sicari proprio per uccidere gli Indiani incontattati.
I Piripkura, Mato Grosso
Non conosciamo il nome con cui questo popolo si autodefinisce ma i suoi vicini, gli Indiani Gavião, li chiamano Piripkura, cioè il “popolo farfalla” alludendo al modo con cui si spostano continuamente nella foresta. Parlano il tupi-kawahib, una lingua condivisa da numerose tribù del Brasile.
Quando il FUNAI li contattò per la prima volta alla fine degli anni ‘80, i Piripkura contavano circa 20 individui. Dopo il contatto ritornarono nella foresta e, da allora, sono stati ristabiliti dei rapporti solo con tre membri della tribù.
Nel 1998, due uomini Piripkura, Mande-í e Tucan, uscirono dalla foresta spontaneamente. Uno di loro era malato e venne ricoverato in ospedale.
Durante il breve periodo della malattia, l’uomo raccontò la sua storia e quella del suo popolo, che poco tempo prima era più numeroso ma fu poi massacrato dai Bianchi. Lui e il suo compagno cominciarono così a spostarsi da soli nella foresta sopravvivendo di caccia, pesca e raccolta.
Non sappiamo se ci siano altri sopravvissuti fra i Piripkura. Tuttavia Mande-í e Tucan sono in grave pericolo perché la loro terra è costantemente invasa dai disboscatori che impediscono loro di seguire i sentieri della foresta per andare a caccia.
Il FUNAI ha firmato un’ordinanza temporanea che vieta a chiunque di entrare nel territorio dei Piripkura senza autorizzazione e bandisce qualsiasi attività economica al suo interno. Ma se il governo non agirà tempestivamente per demarcare e riconoscere ufficialmente la loro terra, gli ultimi Piripkura sopravvissuti potrebbero scomparire per sempre.
I Kawahiva del Rio Pardo, Mato Grosso
Sappiamo poco di questa tribù, ma si pensa che appartenga al gruppo dei Kawahiva. Anni fa il FUNAI stimava che fossero circa una cinquantina, ma oggi potrebbero essere di meno.
Si pensa che abbiano smesso di avere figli perché costretti costantemente alla fuga dai tagliatori di legno e da altri invasori.
Poiché sono sempre in movimento, non possono coltivare la terra e devono dipendere unicamente da caccia e pesca.
La loro terra non è ancora stata protetta e quindi la loro sopravvivenza come popolo è gravemente minacciata. Le loro foreste sono costantemente invase dalle compagnie del legname, molte delle quali operano da Colniza, una delle città di frontiera più violente del Brasile in una delle regioni più deforestate dell’Amazzonia.
Con un’iniziativa inaspettata, un giudice federale ha promosso un’indagine sul massacro dei Kawahiva. Stando alle Nazioni Unite, si rende colpevole di genocidio chi “infligge deliberatamente a un gruppo umano condizioni di vita concepite appositamente per provocarne la distruzione fisica totale o parziale”.
E in effetti le prove indicano che i disboscatori attaccano deliberatamente gli Indiani per costringerli ad abbandonare le loro case e a rimanere sempre in fuga.
I Korubo della Valle Javari
Nella valle Javari, lungo il confine tra Brasile e Perù, abitano sette popoli contattati e circa sette gruppi d’Indiani incontattati: una fra le maggiori concentrazioni di popoli isolati del Brasile.
Uno di questi gruppi, i Korubo, sono conosciuti nella zona come “caceteiros’ o “uomini clava” a causa dei grandi bastoni che utilizzano per difendersi.
Nel 1996 il FUNAI stabilì un contatto con un gruppo di 30 Korubo che si erano separati dal gruppo principale che vive tutt’ora isolato evitando qualsiasi contatto con i gruppi che lo circondano.
I gruppi contattati sono affetti da malattie letali introdotte nel territorio dal mondo esterno e si teme che le epidemie possano essere trasmesse ai gruppi isolati con conseguenze tragiche.
Indiani incontattati del Brasile
Nell’Amazzonia brasiliana abitano più tribù incontattate che in qualunque altra regione del mondo. Stando alle stime del dipartimento governativo agli affari indigeni, il FUNAI, i gruppi isolati sarebbero almeno 100.
La loro decisione di non stabilire contatti con le altre tribù e gli esterni è quasi certamente il risultato dei disastrosi rapporti precedenti e del reiterarsi delle invasioni e della distruzione della loro foresta.
Per esempio, i gruppi incontattati che vivono nello stato di Acre sono probabilmente i sopravvissuti all’epoca del boom del caucciù, durante la quale molti Indiani furono ridotti in schiavitù.
È probabile che i sopravvissuti siano fuggiti risalendo i fiumi. I ricordi delle atrocità commesse contro i loro antenati potrebbero essere ancora molto forti.
Quel che si sa di questi popoli è molto poco. Ma sappiamo con certezza che vogliono rimanere isolati: rispondono agli esterni e agli aerei che li sorvolavano scoccando contro di loro delle frecce o nascondendosi nel folto della foresta.
Alcuni, come gli Awá, sono cacciatori raccoglitori nomadi. Si spostano costantemente e sono in grado di costruire una casa in poche ore per poi abbandonarla dopo qualche giorno.
Altri sono più sedentari e vivono in case comunitarie. Coltivano manioca e altre piante nelle radure ricavate nella foresta e praticano caccia e pesca.
Nello stato di Acre potrebbero esserci fino a 600 Indiani appartenenti a quattro differenti gruppi. Vivono in relativa tranquillità in numerosi territori demarcati, rimasti in gran parte intatti.
Gli Indiani isolati del territorio di Massacó, in Rondônia, potrebbero essere circa 300.
Utilizzano archi e frecce molto grandi – è stato trovato un arco di oltre 4 metri – molto simili per stile e dimensione a quelli della tribù dei Sirionó che vive nella confinante Bolivia.
Amano certamente mangiare tartarughe perché in alcuni campi abbandonati sono stati trovati tumuli di gusci.
Tuttavia, altri gruppi incontattati sono giunti al limite dell’estinzione e non contano più di una manciata di individui.
Questi piccoli gruppi dispersi vivono principalmente negli stati di Rondônia, Mato Grosso e Maranhão e sono i sopravvissuti ai brutali furti di terra compiuti da compagnie del legname, allevatori e altri invasori, che hanno preso di mira e assassinato molti dei loro famigliari.
Oggi, c’è chi dà ancora loro la caccia, deliberatamente, e le foreste in cui abitano vengono distrutte rapidamente.
il funzionario del FUNAI José Carlos Meirelles
con frecce appartenenti agli Indiani incontattati.
© Gleison Miranda/FUNAI
Una grave minaccia viene dai progetti di costruzione di una gigantesca diga e di una strada, come previsto dal “programma di crescita accelerata” (PAC) del governo.
Le dighe di Jirau e Santo Antonio costruite sul fiume Madeira sono molto vicine a diversi gruppi di Indiani isolati.
Secondo un recente rapporto alcuni di loro starebbero abbandonando la propria terra a causa del rumore e dell’inquinamento prodotti dai cantieri di costruzione.
Le tribù isolate sono tutte estremamente vulnerabili a malattie come l’influenza o il comune raffreddore trasmessi dagli esterni, contro cui non hanno difese immunitarie: il rischio di ammalarsi costituisce per loro un buon motivo per evitare il contatto.
Malgrado questo cupo scenario, si possono raccontare sorprendenti storie di sopravvivenza. Karapiru, un uomo Awá, è sopravvissuto all’attacco di alcuni uomini armati e ha vissuto da solo per dieci anni, nascosto nel folto della foresta. Poi, un giorno, ha finalmente deciso di stabilire un contatto con alcuni coloni e oggi vive con altri Awá.
I popoli incontattati del Brasile devono essere protetti e i loro diritti alla terra riconosciuti prima che loro e le foreste da cui dipende la loro sopravvivenza siano cancellati per sempre.
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