Tra i tanti popoli delle isole Andamane e Nicobare, i Grandi Andamanesi sono coloro sui quali il contatto forzato e il colonialismo hanno avuto l’impatto più devastante: il loro genocidio, infatti, ha causato la perdita del 99% della popolazione.
© Anita Abbi
I Grandi Andamanesi – nome con cui oggi sono conosciuti collettivamente – erano originariamente composti da 10 distinte tribù, tra cui gli Jeru, i Bea, i Bo, i Khora e i Pucikwar. Ognuno aveva una propria lingua e contava tra le 200 e le 700 persone.
Quando arrivarono i colonizzatori britannici, nel 1858, nelle isole vivevano fino a 7.000 Grandi Andamanesi. In centinaia furono uccisi mentre difendevano i loro territori dall’invasione britannica e altre migliaia furono sterminati da devastanti epidemie di morbillo, influenza e sifilide – tutte introdotte dai colonizzatori.
Intorno al 1860 i Britannici costruirono la “Andaman Home” (Casa delle Andamane), dove venivano tenuti gli indigeni delle isole Andamane che erano stati rapiti. A centinaia morirono per le malattie e gli abusi subiti nella casa; dei 150 bambini nati là dentro, nessuno sopravvisse oltre i due anni di età.
Nel 1970, le autorità indiane trasferirono i Grandi Andamanesi superstiti nella minuscola isola di Strait dove oggi vivono in condizioni di totale dipendenza dal governo per abiti, cibo e alloggio. L’abuso di alcol e la tubercolosi dilagano.
Oggi sopravvivono poco più di 50 persone.
Boa Sr è morta nel 2010, ultima appartenente al popolo dei Bo. Quella dei Bo è stata l’ultima tribù ad entrare in contatto con i Britannici, appena prima del censimento del 1901. Ci è voluto solo poco più di un secolo per cancellare 50.000 anni di storia umana. Prima di morire, Boa Sr parlò del vicino popolo Ang (un tempo noto come Jarawa), che riteneva fortunato perché poteva ancora vivere nella sua foresta senza subire gli effetti devastanti del contatto sofferti dai Grandi Andamanesi.
Iscriviti alla newsletter
Per sostenere i diritti dei popoli indigeni è cruciale mantenersi informati.



