Bangladesh: violenza e repressione continuano nonostante le promesse di pace

19 gennaio 2010

Bambini Chakma, Bangladesh © Mark McEvoy/Survival

Questa pagina è stata creata nel 2010 e potrebbe contenere un linguaggio ormai obsoleto.

Per favore, firma la petizione internazionale

A un anno di distanza dalla promessa del governo del Bangladesh di porre finalmente fine alla persecuzione del popolo indigeno del paese, stanno emergendo rapporti di nuovi abusi.

Si pensava che l’Accordo di Pace siglato nel 1997 avrebbe posto fine ai conflitti che per decenni hanno coinvolto i coloni bengalesi, le forze armate governative e i popoli indigeni locali, conosciuti come Jumma. Secondo l’accordo, l’esercito avrebbe dovuto smantellare i numerosi campi militari allestiti nelle Chittagong Hill Tracts, una zona montuosa nel sud-est in cui vivono gli Jumma.

L’esercito e i coloni che si erano stabiliti nelle Hill Tracts con il suo appoggio hanno commesso innumerevoli atrocità nell’area, provocando la resistenza armata degli Jumma.

Quando fu firmato l’accordo di pace bilaterale nel 1997, si sperava che la persecuzione degli Jumma avrebbe avuto fine. Ma i governi che si sono succeduti hanno mancato di far rispettare l’impegno e i molti Jumma costretti a rifugiarsi in India non hanno ancora riavuto le loro terre e le loro case.

Nel 2009, la Awami League, il partito politico che aveva firmato l’accordo di pace, è tornato al potere e ha finalmente promesso di ripristinare gli accordi. A un anno di distanza, tuttavia, sembra che sia cambiato molto poco. I campi militari attivi sono ancora tanti e l’esercito continua a dominare le Hill Tracts alimentando intimidazioni e paura.

Nel Novembre scorso, un soldato proveniente dall’accampamento militare di Ghilachari ha tentato di usare violenza a una donna Jumma. Gli Jumma, soprattutto le donne, hanno bloccato le strade per protesta contro l’aggressione, chiedendo che il soldato fosse incriminato e il suo campo militare smobilitato.

Quando i soldati hanno tentato di disperdere i manifestanti sono state ferite sette persone, alcune gravemente. I giornalisti che volevano intervistare la donna in ospedale si sono viste negare l’accesso. Nonostante l’impegno scritto dalle autorità a incriminare il soldato, non è stata intrapresa alcuna azione legale.

Da quando il governo ha dato il via a un programma di trasferimento dei Bengalesi poveri nella regione, negli Anni Sessanta, le ragazze e le donne Jumma violentate dai soldati e dei coloni sono state centinaia.

L’attivista jumma Subir Chakma ha dichiarato: “Le nostre ragazze e le nostre donne non sono al sicuro. Non possono andare a scuola, non possono andare al fiume a prendere l’acqua o a fare il bagno, non possono andare al lavoro e nemmeno nei templi a pregare; non possono far visita ai loro parenti, andare al mercato né nella foresta, non possono andare a lavorare nei campi di riso e ora non possono nemmeno rimanere a casa perché vengono violentate ovunque”.

Ci sono stati alcuni segnali di progresso nell’attuazione dell’accordo. Un reparto dell’esercito e alcuni campi militari temporanei sono stati ritirati ed è stata istituita una commissione per risolvere le controversie territoriali. Comunque molti altri campi restano attivi e la presenza continuativa dei militari e dei coloni (che sono appoggiati e foraggiati dall’esercito) mantengono gli Jumma sempre vulnerabili agli abusi.

Restano frequenti i rapporti che parlano di tortura, abuso sessuale, furto di terra e intimidazione. Molti Jumma che se ne erano andati per sfuggire a ulteriori violenze devono ancora recuperare gran parte della loro terra.

I gruppi Jumma e i loro sostenitori in Bangladesh e nel mondo hanno lavorato insieme per produrre una petizione che chiede al governo del Bangladesh di attuare pienamente l’Accordo di pace del 1997. Per favore aggiungi il tuo nome a questo appello. Ogni firma può fare la differenza.

Jumma
Popolo

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